Note di Regia
La Sicilia è sempre raccontata per stereotipi.
Si dice che è una terra bella e maledetta.
Ecco il primo stereotipo: Bella. Perché la natura l'ha dotata di mari cristallini, di terre incontaminate, di secoli di storia raccontati da città e monumenti, di contaminazioni culturali senza pari.
E poi c'è il secondo stereotipo: Maledetta. Per quelle vicende violente e sanguinose legate alla mafia, un "fenomeno" che è prima di tutto una forma mentis difficile da estirpare ma facile da esportare in tutto il mondo come un souvenir, attraverso romanzi, fiction televisive e cinematografiche, storie di eroi capaci di sfidare un sistema che però li ha uccisi.
Si dice che è una terra bella e maledetta.
Ecco il primo stereotipo: Bella. Perché la natura l'ha dotata di mari cristallini, di terre incontaminate, di secoli di storia raccontati da città e monumenti, di contaminazioni culturali senza pari.
E poi c'è il secondo stereotipo: Maledetta. Per quelle vicende violente e sanguinose legate alla mafia, un "fenomeno" che è prima di tutto una forma mentis difficile da estirpare ma facile da esportare in tutto il mondo come un souvenir, attraverso romanzi, fiction televisive e cinematografiche, storie di eroi capaci di sfidare un sistema che però li ha uccisi.
Io sono siciliano ma ho a cuore la tragica storia di Giovanni Lo Porto perché Giovanni non si arrende a questi stereotipi. È "originale", porta dentro di sé una Sicilia che sfida la rassegnazione al luogo comune.
Porta il coraggio di essere diversi quando si nasce in un quartiere malfamato che può offrire solo delinquenza e ignoranza. Diverso quando tuo padre ha abbandonato te e i tuoi quattro fratelli e tu cerchi un senso a quell'abbandono.
Quando i tuoi fratelli hanno problemi con la giustizia e tu ti senti in gabbia.
Quando si ha uno sguardo troppo ampio per muoverlo in quelle strade troppo strette, dove le persone si uccidono a vicenda e si
scambiano favori per vivere.
Porta il coraggio di essere diversi quando si nasce in un quartiere malfamato che può offrire solo delinquenza e ignoranza. Diverso quando tuo padre ha abbandonato te e i tuoi quattro fratelli e tu cerchi un senso a quell'abbandono.
Quando i tuoi fratelli hanno problemi con la giustizia e tu ti senti in gabbia.
Quando si ha uno sguardo troppo ampio per muoverlo in quelle strade troppo strette, dove le persone si uccidono a vicenda e si
scambiano favori per vivere.
Ma non è corretto parlare di "originalità" del soggetto, perché Giovanni è morto a 38 anni. Ed è morto in Pakistan, rapito durante
quella che sarebbe stata la sua ultima missione umanitaria. Tenuto prigioniero dai talebani per tre anni e poi ucciso da un bombardamento americano, un fuoco amico di cui il Presidente Obama si è pubblicamente assunto la responsabilità.
La sua è una storia tragica, ma Giovanni deve essere conosciuto e ricordato.
Per lo spirito che lo ha reso libero fino alla fine.
Per la sua capacità di scrivere il proprio destino, di ribellarsi a una strada già tracciata e di seguirla nonostante gli sguardi di chi, in quello stesso quartiere, lo considerava diverso, "strano"; quegli sguardi che chiedevano "Ma chi te lo fa fare?", a cui Giovanni
rispondeva che, nel mondo, c'era qualcuno più sfortunato di lui, che doveva aiutare...
Di Giovanni non è rimasto molto: qualche foto, qualche video.
La sua è un'assenza pesante e tangibile.
quella che sarebbe stata la sua ultima missione umanitaria. Tenuto prigioniero dai talebani per tre anni e poi ucciso da un bombardamento americano, un fuoco amico di cui il Presidente Obama si è pubblicamente assunto la responsabilità.
La sua è una storia tragica, ma Giovanni deve essere conosciuto e ricordato.
Per lo spirito che lo ha reso libero fino alla fine.
Per la sua capacità di scrivere il proprio destino, di ribellarsi a una strada già tracciata e di seguirla nonostante gli sguardi di chi, in quello stesso quartiere, lo considerava diverso, "strano"; quegli sguardi che chiedevano "Ma chi te lo fa fare?", a cui Giovanni
rispondeva che, nel mondo, c'era qualcuno più sfortunato di lui, che doveva aiutare...
Di Giovanni non è rimasto molto: qualche foto, qualche video.
La sua è un'assenza pesante e tangibile.
In questo documentario Giovanni è ovunque proprio con la sua assenza. Ci sono giornalisti, avvocati, amici italiani, inglesi, tedeschi, che parlano di lui; c'è il dolore di sua madre Giusy, che spera ancora di vederlo entrare dalla porta di casa o di sentire la sua voce al telefono; ci sono i materiali di repertorio con Obama, Renzi, Gentiloni, che parlano di lui solo dopo l'annuncio della sua morte, perché nei tre anni del suo rapimento nessuno lo ha nominato. E dopo quell'annuncio, di nuovo il silenzio, l'ingombrante assenza delle istituzioni italiane anche ai suoi funerali laici. Forse
per imbarazzo, forse per convenienza politica.
per imbarazzo, forse per convenienza politica.
Ed ecco la ricostruzione degli eventi più importanti della sua vita attraverso un vero e proprio set cinematografico, senza attori ma con pupazzi con i volti di chi ha vissuto o scritto questa storia di Giovanni... e che anche tu, ora, finalmente conosci.
Costantino Margiotta
